Gestioni Condominiali Pomezia - Studio Salvati
Amministratore condominio – Revisore bilanci condominiali – Pomezia
Quando si parla di condomini e spazi comuni, sorge spontanea una domanda alla quale non è facile dare una risposta: cosa si ottiene nominando un amministratore di condominio? Nel fare chiarezza su questo interrogativo, bisogna partire definendo i tratti essenziali di questa figura. L’amministratore di condominio è una persona (fisica o giuridica) che si occupa regolarmente e professionalmente della cura degli spazi condivisi e delle spese da sostenere per conservare le parti comuni dell’edificio.
dopo aver nominato l’amministratore di condominio quest’ultimo ha una serie di obblighi da rispettare e da svolgere. Come previsto ex art. 1129 c.c. alcuni adempimenti sono molto importanti e possono comportare responsabilità anche gravi potendosi avverare anche la revoca dell’ammnistratore. Vediamo i principali obblighi previsti dall’articolo 1129 del codice civile.
Articolo 1129 Codice Civile – Obbligo di conto corrente condominiale
L’amministratore è obbligato a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio; ciascun condomino, per il tramite dell’amministratore, può chiedere di prendere visione ed estrarre copia, a proprie spese, della rendicontazione periodica.
Tra le novità che sono state introdotte dalla legge 220/2012, troviamo anche l’obbligo di apertura del conto corrente condominiale.
Di fatti chi vive in condominio conosce bene l’esistenza del conto corrente condominiale, al quale inviare, per esempio, gli importi aggiuntivi del riscaldamento che, in fase di conguaglio, potrebbe risultare più elevato rispetto a quello che era stato preventivato.
Questo obbligo ricade direttamente sull’amministratore di condominio e trattandosi di norma a carattere imperativo, come confermato espressamente dall’art. 1138, comma 4, c.c., è ineludile poichè trattasi di norma inderogabile dell’art. 1129 c.c. anche da parte di un eventuale regolamento di natura contrattuale.
La previsione in esame risponde alla esigenza di far sì che la gestione amministrativa dei soldi del condominio da parte dell’amministratore sia la più trasparente possibile.
Quindi l’apertura di un conto corrente intestato al condominio è un’adempimento essenziale ed obbligatorio e la mancata ottemperanza a questa disposizione di legge è molto grave: infatti, è causa di revoca dell’amministratore per giusta causa sia da parte dell’assemblea che dell’autorità giudiziaria.
Per questo motivo, rientra tra i diritti dei condomini quello di richiedere gli estratti conto al fine di verificare entrate e uscite, monitorando così il corretto utilizzo degli importi. Allo stesso tempo, diventa anche un mezzo con cui l’amministratore potrebbe difendersi da eventuali accuse ingiuste.
L’intestatario del conto corrente condominiale dovrà essere dunque il condominio, e non l’amministratore. Eventuali costi di gestione saranno a carico dei singoli condomini. Oggi sono però disponibili diverse soluzioni che permettono di azzerare del tutto o di ridurre sensibilmente il canone mensile di un conto.
Sarà compito dell’amministratore quello di presentare le opzioni più convenienti disponibili sul mercato, in modo che i condomini possano scegliere la soluzione ritenuta la più adeguata per le esigenze del condominio.
Non si tratta comunque di un obbligo, nel senso che l’amministratore non ha bisogno dell’approvazione dell’assemblea per aprire il conto. È però buona prassi quella di decidere insieme e di comune accordo quale conto attivare.
Per aprire il conto, l’amministratore dovrà portare consegnare la copia del verbale condominiale in cui è stato resa nota ai condomini l’obbligatorietà di sottoscrivere un conto corrente condominiale.
Il primo punto sul quale vogliamo soffermarci è che il singolo condomino non può avere diritto di accesso “diretto” alle copie degli estratti conto del condominio.
A stabilirlo è lo stesso art. 1129 c.c., laddove viene dapprima precisato che “l’amministratore è obbligato a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio”, e quindi viene stabilito che “ciascun condomino, per il tramite dell’amministratore, può chiedere di prendere visione ed estrarre copia, a proprie spese, della rendicontazione periodica”.
Dall’interpretazione del tenore letterale di cui sopra si evince pertanto che il condominio può consultare gli estratti conto, e ottenerne copia, solamente attraverso il ruolo dell’amministratore condominiale, valutato che la norma esclude espressamente che il singolo condomino possa rivolgersi direttamente alla banca per poter ottenere tali documenti.
Articolo 1129 Codice Civile – Cessazione dell’incarico
Alla cessazione dell’incarico l’amministratore è tenuto alla consegna di tutta la documentazione in suo possesso afferente al condominio e ai singoli condomini e ad eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi.
Salvo che sia stato espressamente dispensato dall’assemblea, l’amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso, anche ai sensi dell’articolo 63, primo comma, delle disposizioni per l’attuazione del presente codice.
Pensiamo al caso più comune, ovvero, quello della classica nomina del nuovo amministratore durante l’assemblea ordinaria di fine mandato. In questo caso appare evidente come la cessazione dell’incarico trovi il suo atto iniziale nella delibera di nomina del successore e come atto finale di perfezionamento del nuovo mandato nell’accettazione da parte dell’amministratore neo nominato. Pertanto, possiamo sostenere che la cessazione del precedente incarico coincida con il perfezionamento del nuovo mandato tra successore e condominio.
Un ulteriore caso di cessazione dell’incarico riguarda l’ipotesi di revoca giudiziale.
La revoca giudiziaria
Può altresì essere disposta dall’autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino, nel caso previsto dal quarto comma dell’articolo 1131, se non rende il conto della gestione, ovvero in caso di gravi irregolarità. Nei casi in cui siano emerse gravi irregolarità fiscali o di non ottemperanza a quanto disposto dal numero 3) del dodicesimo comma del presente articolo, i condomini, anche singolarmente, possono chiedere la convocazione dell’assemblea per far cessare la violazione e revocare il mandato all’amministratore. In caso di mancata revoca da parte dell’assemblea, ciascun condomino può rivolgersi all’autorità giudiziaria e in caso di accoglimento della domanda, il ricorrente, per le spese legali, ha titolo di rivalsa nei confronti del condominio che a sua volta può rivalersi nei confronti dell’amministratore revocato.
Costituiscono, tra le altre, gravi irregolarità:
1) l’omessa convocazione dell’assemblea per l’approvazione del rendiconto condominiale, il ripetuto rifiuto di convocare l’assemblea per la revoca e per la nomina del nuovo amministratore o negli altri casi previsti dalla legge;
2) la mancata esecuzione di provvedimenti giudiziari e amministrativi, nonché di deliberazioni dell’assemblea;
3) la mancata apertura ed utilizzazione del conto di cui al settimo comma;
4) la gestione secondo modalità che possono generare possibilità di confusione tra il patrimonio del condominio e il patrimonio personale dell’amministratore o di altri condomini;
5) l’aver acconsentito, per un credito insoddisfatto, alla cancellazione delle formalità eseguite nei registri immobiliari a tutela dei diritti del condominio;
6) qualora sia stata promossa azione giudiziaria per la riscossione delle somme dovute al condominio, l’aver omesso di curare diligentemente l’azione e la conseguente esecuzione coattiva;
7) l’inottemperanza agli obblighi di cui all’articolo 1130, numeri 6), 7) e 9);
8) l’omessa, incompleta o inesatta comunicazione dei dati di cui al secondo comma del presente articolo.
In caso di revoca da parte dell’autorità giudiziaria, l’assemblea non può nominare nuovamente l’amministratore revocato.
La revoca giudiziale può prendere forma con due diverse modalità:
1) revoca e contestuale nomina di un successore;
Ed allora in tal caso la cessazione dell’incarico può realizzarsi sicuramente non prima che siano trascorsi i 10 giorni dalla notifica del provvedimento per il possibile reclamo in Appello e, comunque, a condizione che il professionista designato dal Tribunale in camera di consiglio riceva apposita notifica e non formuli rinunzia motivata. Ma non solo. La cessazione dell’incarico rimarrebbe sub judice proprio nel caso di reclamo in Appello e, pertanto, in tale ipotesi sarebbe necessario attendere la decisione definitiva del Giudice di seconde cure (al riguardo non è ammissibile ricorso in Cassazione).
2) revoca con rinvio all’assemblea perché deliberi la nomina di un amministratore di fiducia.
Ed allora in tal caso, invece, l’Amministratore revocato continua a risultare in carica fino a quando non si realizza il perfezionamento del mandato con il successore nominato dall’assemblea e questo in ragione della prorogatio imperii del suo ufficio, con l’unica novità data dall’impossibilità per l’assemblea di confermare l’amministratore revocato.
Le ipotesi di cessazione dell’incarico, però, non finiscono qui. Infatti, il caso del condominio fino ad 8 partecipanti rappresenta un caso a sé. In tali circostanze, l’amministratore potrebbe rassegnare le proprie dimissioni o essere revocato dall’assise condominiale senza che si provveda alla nomina dei successore.
Sembra evidente che in questa circostanza la cessazione coincida direttamente e in via definitiva con le stesse dimissioni o con la delibera di revoca, non potendosi invocare l’obbligo della nomina del successore e quindi alcuna prorogatio del mandato. A conforto di ciò, ricordiamo come sia il primo comma dello stesso art. 1129 c.c. a : prevedere la nomina dell’amministratore per ricorso all’A.G. da parte del dimissionario solo quando i partecipanti al condominio sono più di otto.
In ogni caso nel momento successivo e alla cessazione dell’incarico si apre un altro scenario: quellorelativo il tempo fino a quando non si conclude il passaggio di consegne della documentazione condominiale.
Si tratta di un particolare caso di responsabilità condivise tra l’amministratore uscente e il subentrante. Il primo, infatti, conserva un particolare potere espanso dalla stessa norma perché compia gli atti urgenti per la sua evidente conoscibilità di tali urgenze. Il secondo, invece, assume sicuramente le sue responsabilità mai forma attenuata non potendogli addebitare, fino al passaggio di consegne, la conoscibilità delle urgenze da adempiere.
Spetterà all’amministratore uscente, ad esempio, pagare le fatture insolute dei servizi essenziali come acqua e luce i cui fornitori hanno minacciato distacco o provvedere alle opere urgenti quando risulta minata la sicurezza di cose e persone. Ma, avendo perso la rappresentanza legale del condominio, difetterà di legittimazione sia attiva che passiva, né potrà provvedere alle attività ordinarie o comunque non urgenti.
La norma non prevede un termine e questo, evidentemente, impone che sia fatto il prima possibile, addebitando all’uscente ogni danno patito dal codominio a causa dei ritardi a lui imputabili e con : l’obbligo in capo al successore di ricorre fino all’A.G. competente per entrare in possesso della documentazione condominiale che l’uscente non ha più titolo a custodire per il venir meno del rapporto di mandato, non escludendo l’obbligo di ricostruire il ricostruibile nell’attesa di un passaggio che potrebbe, in teoria, anche mai avvenire.
Articolo 1129 Codice Civile – Riscossione forzosa delle somme dovute
Salvo che sia stato espressamente dispensato dall’assemblea, l’amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso, anche ai sensi dell’articolo 63, primo comma, delle disposizioni per l’attuazione del presente codice.
La Riforma in materia di Diritto del Condominio (Legge n.220/2012) ha espressamente previsto e disciplinato, all’art. 1129, comma 9, c.c., l’obbligo dell’amministratore di procedere al recupero delle quote non versate dai condomini entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio in cui sono maturate, salvo che vi sia stato un apposito esonero da parte dell’assemblea.
Tale preciso dovere risulta funzionale in relazione al corretto svolgimento della gestione del condominio e nel contempo è idoneo a garantire l’erogazione dei servizi nonché la manutenzione e conservazione delle parti comuni.
Sul tema in questione e, in particolare, sulle conseguenze dell’inadempimento dell’amministratore al richiamato obbligo, è intervenuto recentemente il Tribunale di Roma (sentenza 16 novembre 2021), con una pronuncia afferente all’azione di responsabilità, con contestuale richiesta di risarcimento danni, promossa da un condominio nei confronti dell’amministratore uscente.
La fattispecie in esame si origina in occasione del passaggio di consegne in favore del nuovo amministratore; quest’ultimo aveva avuto modo di ravvisare la sussistenza di una grave situazione debitoria del condominio, derivante dal mancato versamento degli oneri da parte di alcuni condomini.
Ad avviso del condominio, detta situazione è da imputarsi alla mala gestio del già amministratore il quale non aveva promosso azioni verso i morosi, contestandosi dunque in capo all’ex amministratore l’assenza della diligenza nello svolgimento del suo ruolo e mandato, di cui all’art. 1710 c.c., in considerazione sia della mancata riscossione e azione di recupero contro i condomini inadempienti. In punto di diritto è opportuno sottolineare come tra i compiti dell’amministratore, qualora emerga una o più morosità nel versamento dei contributi dovuti dai singoli, vi è quello di formulare, preventivamente, un atto di intimazione di pagamento o messa in mora, al condomino con diffida ad adempiere entro un termine determinato (di consueto quindici giorni).
Nel caso, in cui la diffida non sortisca gli effetti sperati, l’art. 1129, comma 9, C.c. impone all’amministratore ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati, entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso, se non vi è stata dispensa dall’assemblea.
Al contempo, non possiamo dimenticare altra disposizione, che si pone nel medesimo contesto, sancita all’art. 63 disp. att. c.c., la quale prevede che «per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea, l’amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, ed è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi».
In materia di spese condominiali, infatti, la richiamata norma ribadisce e rafforza il potere/dovere dell’amministratore di agire in via monitoria, in autonomia e, per l’effetto, senza necessità di una delibera, verso il condomino moroso ove ricorra il presupposto necessario, ovvero l’intervenuta approvazione della spesa da parte della assemblea.
Preso atto della normativa vigente, come esposta al paragrafo che precede, è indubbio che al fine di ottenere il risarcimento del danno imputabile al dedotto contegno negligente dell’amministratore, il condominio ha l’onere di provare il nesso di causa tra questa ed il pregiudizio che si assume realizzato; nella vicenda oggetto della pronuncia del Tribunale di Roma, la prova è stata raggiunta parzialmente, o meglio, solo per alcune situazioni di insolvenza.
In particolare, il Giudicante ha riconosciuto e dichiarato la responsabilità dell’amministratore per non aver reperito le doverose informazioni sull’identità dei condomini morosi o per aver omesso la doverosa azione oltre il termine prescrizione quinquennale previsto dall’art. 2948, comma 4, c.c.
Per quanto interessa la prima ipotesi, occorre rammentare che la cura del registro di anagrafe condominiale è un espresso dovere dell’amministratore sancito all’art. 1130, comma I, n. 6 c.c. ove quest’ultimo è tenuto a riportare e, successivamente, ad aggiornare “[…] le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento, comprensive del codice fiscale e della residenza o domicilio, i dati catastali di ciascuna unità immobiliare, nonché ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza delle parti comuni dell’edificio”.
Questo obbligo rappresenta un adempimento fondamentale in quanto la predisposizione, la custodia e la verifica di detto registro grava sull’amministratore, ivi compresa l’indagine di ogni evento da cui ne derivi la necessità di revisione. Per tale ragione, ove un condomino ometta detta informativa l’amministratore ha ampio potere di sollecitare l’invio della medesima e, in caso di reticenza o incompletezza dei dati forniti, decorsi trenta (30) giorni, poterli reperire imputando i costi per tale attività allo stesso.
Per completezza, è confacente rammentare che la prescrizione quinquennale decorre dalla approvazione del rendiconto e dello stato di ripartizione per cui, in assenza di atto interruttivo, quale una diffida ad adempiere, la medesima si compie non potendo assumersi un riconoscimento di debito nella mancata impugnazione della delibera di approvazione.
Alla luce di dette considerazioni, il Tribunale ha, dunque, accolto la domanda del condominio laddove l’inerzia e la negligenza dell’amministratore hanno comportato l’inesigibilità dei crediti condominiali o, comunque e diversamente, l’addebito di spese e competenze legali inutili per errore sulla identificazione del soggetto onerato.
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