Il rendiconto condominiale dopo la riforma

Ottobre 12, 2016 Condominio,Contabilità .

La legge di riforma della materia condominiale n.220 del 2012 non ha modificato tanto il concetto della professionalità e delle conoscenze giuridiche richieste all’amministratore, ma ha modificato i suoi obblighi verso i condomini, soprattutto, relativamente alle modalità di gestione, in particolar modo in riferimento alle somme gestite, in entrata e in uscita e della situazione patrimoniale attraverso il cosiddetto rendiconto.

rendiconto

La riforma del condominio, approvata con legge del 11 dicembre 2012 n. 220, non ha solo rinnovato l’istituto condominiale adeguandolo ai tempi moderni, ma ha anche cercato di eliminare le lacune che si erano evidenziate nel corso degli anni.

La riforma ha inciso profondamente sulla figura dell’amministratore, escludendo figure di “improvvisati” gestori di edifici, richiedendo persone sempre più specializzate nella conoscenza del codice civile, poiché il condominio è un istituto giuridico che coinvolge (anche solo per esigenze operative) tutte le altre norme del codice civile (dalle obbligazioni, ai contratti, ai diritti reali).

La riforma non ha inciso solo sulla professionalità (e conoscenze giuridiche) dell’amministratore, ma ha anche modificato i suoi obblighi verso i proprietari, soprattutto, relativamente alle modalità di gestione, non tanto e non solo dei beni condominiali ex art. 1117 c.c., ma, soprattutto, delle somme gestite (in entrata e in uscita) e delle modalità di descrivere l’uso di detti introiti (il c.d. rendiconto).

Il motivo di tale scelta può essere rintracciato nella vita di tutti i giorni, basta pensare all’esigenza di evitare che, ciclicamente, ogni edificio si trovi nell’impossibilità di ottenere la gestione contabile o nell’impossibilità di ricostruire la propria gestione contabile (si tratta di veri e propri fallimenti condominiali).

Per impedire il verificarsi di tali situazioni il legislatore ha imposto regole piú severe che, é sempre utile mettere bene in chiaro.

I principi alla base della gestione contabile condominiale

Una prima serie di norme individua i principi generali a cui l’amministratore deve attenersi nella gestione delle somme del condominio a lui affidate.

Conto corrente intestato al condominio

Infatti, l’art. 1129 comma 7 c.c. impone all’amministratore di aprire (e di usare ex art. 1129 comma 12 n. 3 c.c.) uno specifico conto corrente intestato al condominio. La ratio della norma è soprattutto quella di evitare che si possa confondere il patrimonio del singolo amministratore con il “patrimonio” del condominio (cioè con le somme dei singoli proprietari e in possesso dell’amministratore al fine di pagare le spese dell’edificio), in altri termini, la norme vuole che si possa immediatamente distinguere il patrimonio del singolo amministratore dalle somme di denaro gestite per conto dei proprietari.

Per rendere effettivo questo principio il legislatore ha previsto la revoca dell’amministratore che non apre e non usa il conto corrente intestato al condominio (1129 comma 12 n. 3 c.c.).

In questo nuovo contesto diventa anomalo il comportamento dell’amministratore che non fornisce a tutti i proprietari gli estremi del conto corrente intestato al condominio e non agevola i versamenti diretti dei proprietari sul conto corrente.

Obbligo di far transitare le somme sul conto condominiale

Il medesimo articolo prevede che (1129 comma 7 c.c.) che “L’amministratore è obbligato a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio; ciascun condomino, per il tramite dell’amministratore, può chiedere di prendere visione ed estrarre copia, a proprie spese, della rendicontazione periodica”.

Quest’ulteriore obbligo impone all’amministratore di far transitare (in entrata e in uscita) sul conto del condominio tutte le somme ricevute (dai proprietari o da terzi).

Questo spiegherebbe anche perchè l’art. 1129 comma 12 n. 3 prevede la revoca dell’amministratore che non usa il conto corrente, in poche parole la locazione “usa” sembrerebbe sanzionare non solo il totale non uso del conto corrente, ma anche il non uso parziale.

Funzione del conto corrente nell’obbligo di rendicontazione

A seguito della riforma il conto corrente é diventato il nuovo (reale) rendiconto, e, questo, spiegherebbe perché il legislatore fa riferimento al registro di contabilità (in cui devono essere annotati in ordine cronologico) i singoli movimenti in entrata ed in uscita, che ricorda un estratto conto bancario.

In questo modo, facendo transitare tutti i movimenti sul conto corrente sará piú semplice ricostruire la gestione contabile del condominio in qualsiasi momento (in base agli estratti conto), anche solo “incrociando” i dati del rendiconto alias registro di contabilità (o le fatture e le ricevute per le spese del condominio) con i dati del conto corrente.

Sarebbe, quindi, illecita qualsiasi gestione condominiale che impedisse l’incrocio dei dati del conto corrente con i dati contenuti nel rendiconto (registro contabilità) e quindi della eventuale ricostruzione a posteriori della contabilità.

Altri obblighi nella gestione del Condominio

Da un’altra serie di norme è possibile dedurre altri principi a cui all’amministratore del condominio deve attenersi nell’adempimento dei suoi obblighi di rendicondazione delle spese verso il condominio.

Infatti, l’art. 1130 comma 1 n. 11 prevede che l’amministratore ha l’obbligo di redigere il rendiconto condominiale annuale. Dalla locuzione “annuale” presente nel disposto dell’art. 1130 comma 1 n. 11 c.c. si può dedurre che il riferimento è all’anno solare (o all’anno civile), per cui, il rendiconto si apre a gennaio e si chiude a dicembre.

Questo per evitare che sia eluso il diritto di controllo dell’assemblea, (e l’obbligo di rendere il conto della gestione a carico dell’amministratore) modificando, ad esempio, in modo discrezionale, anno dopo anno, il riferimento temporale del rendiconto (e quindi il termine entro cui l’amministratore deve presentare i rendiconti all’assemblea) impedendo (o complicando) anche la ricostruzione contabile della gestione.

Sempre l’art. 1130 comma 1 n. 11 prevede che l’amministratore oltre a redigere il rendiconto annualmente deve convocare l’assemblea per la relativa approvazione entro centottanta giorni. Questa previsione mira a colpire evitare la prassi, a volte accettata tacitamente dai singoli proprietari, di alcuni amministratori che presentano il rendiconto quando ritenuto da loro opportuno (ad esempio ogni 2 anni o anche ogni 5 anni), impedendo, di fatto, all’assemblea ogni tipo di controllo sulla gestione dell’amministratore.

E se l’amministratore non convoca l’assemblea per approvazione del rendiconto ?

In caso, caso, come previsto ex art. 1129 comma 12 n. 1 c.c., l’omessa convocazione dell’assemblea per l’approvazione del rendiconto condominiale, anche solo per un anno determina la revoca giudiziale dell’amministratore. E’ opportuno sottolineare che anche quest’ulteriore riferimento legislativo all’anno (per la revoca) rafforza la convinzione che l’anno (per il rendiconto) sia quello ordinario che si apre il 1 gennaio e che si chiude il 31 dicembre.

L’obbligo di presentazione del rendiconto del rendiconto è indipendente dalla nomina di un nuovo amministratore o dalla riconferma di quello vecchio (si tratta di elementi che non incidono sulla rendicontazione).

Occorre, però, osservare che a tutela del proprietari la nomina (o la riconferma) dell’amministratore è strettamente connessa alla presentazione dei rendiconti, in poche parole, è opportuno che i proprietari non riconfermino l’amministratore in ritardo con la presentazione dei rendiconti (quanto alla durata dell’incarico di amministratore è opportuno sottolineare che l’amministratore dura in carica un anno – civile – e alla fine dell’anno deve essere riconfermato o sostituito, non esiste un incarico biennale o automaticamente prorogato di un anno).

Inoltre, il mancato rispetto dell’obbligo di redigere i rendiconti e di convocare l’assemblea comporta a carico dell’amministratore stesso il risarcimento dei danni a favore del condominio (si pensi al caso in cui, durante il periodo in cui l’amministratore del condominio non presenta i rendiconti uno dei proprietari fallisce e non è possibile recuperare quanto dovuto) e/o la riduzione dell’onorario dell’amministrazione per il mancato rispetto degli obblighi imposti dal codice civile e assunti accettando l’incarico di amministratore.

Principi alla base della redazione del rendiconto

Sempre dalle norme del codice civile è possibile dedurre altri principi in materia di redazione materiale dei rendiconti.

Definizione e funzione del rendiconto condominiale.

È opportuno subito chiarire che si parla di “rendiconto” del condominio e non di “bilancio”, proprio per non confondere i due documenti. Il rendiconto del condominio non ha nulla a che vedere con i bilanci societari e al rendiconto non sono applicabili le norme in materia societaria.

Il rendiconto condominiale può essere descritto come un documento che individua – descrive (anche in termini contabili) l’attività compiuta dall’amministratore durante il corso dell’anno (es. i pagamenti effettuati e l’ammontare delle quote riscosse). La giustificazione di questo adempimento si trova nel fatto che l’amministratore di condominio, non gestisce somme proprie, ma di altri soggetti (i proprietari dell’edificio) e a questi ultimi deve rendere il conto del suo operato.

Il rendiconto, quindi, ha una doppia funzione perché è la descrizione dell’attività compiuta dal mandatario (per conto dei singoli proprietari) ed è un documento contabile che descrive gli importi delle operazioni compiute. In altri termini, usando un esempio si può dire che la semplice voce “assicurazione € 1400” contenuta in un rendiconto informa i proprietari che l’amministratore ha pagato l’assicurazione (attività di gestione per i proprietari) e indica anche l’importo pagato (Euro 1.400,00) é da suddividersi tra i proprietari (attività contabile), ecco il “c.d. rendiconto della gestione”.

Da quanto detto, si può anche desumere un primo principio alla base della redazione contabile del condominio: nel rendiconto non possono essere inserite operazioni mai eseguite dell’amministratore, in altri termini, se l’amministratore (durante l’anno) non eseguisse nessun pagamento e non riscuotesse nessuna somma di denaro, non potrebbe inserire nel rendiconto nessuna operazione, altrimenti, farebbe credere ai proprietari di aver compiuto una data attività, quando, invece, non ha compiuto nulla, violando una delle esigenze per cui il mandatario deve redigere il rendiconto (e, cioè, descrizione dell’attività compiuta).

Elementi alla base del rendiconto.

Alla base del rendiconto ci sono le fatture e le ricevute delle spese, queste sono di proprietà del Condominio e non dell’amministratore e possono essere visionate da ogni proprietario prima dell’assemblea che approva il rendiconto (Cass. civ. sez. II, 21 novembre 2000, n. 15010) al fine di verificare la corrispondenza tra le spese indicate nel rendiconto con i documenti giustificativi. Ogni proprietario può richiedere (senza specificare le ragioni) ed ottenere, prima dell’assemblea che approva i rendiconti, la copia di tutta la documentazione contabile (oggi è anche necessario che tutti i pagamenti risultino anche dal conto corrente del condominio).

L’amministratore non può rifiutarsi di consegnare al proprietario la copia della documentazione contabile, del resto, la mancata consegna di questa documentazione contabile, così come l’impossibilità di visionare la stessa invalida (annullabile) l’assemblea che approva il rendiconto (Cass. civ. sez. II, 8 agosto 2003, n. 11940).

Questi due principi teorici sono stati espressamente codificati dal legislatore della riforma del condominio, infatti, l’art. 1130 bis c.c. prevede che i proprietari delle unità immobiliari, gli altri titolari di diritti reali (usufruttuario, servitù) immobiliari e i titolari di diritti di godimento (locazione, comodato), in poche parole, tutti coloro che devono partecipare alle spese condominiali “possono prendere visione dei documenti giustificativi di spesa in ogni tempo ed estrarne copia a proprie spese. Le scritture e i documenti giustificativi devono essere conservati per dieci anni dalla data della relativa registrazione”.

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Interessante anche l’introduzione dell’obbligo di conservazione delle scritture contabili per 10 anni dalla loro registrazione (nel registro di contabilità), si è in presenza di una norma a tutela dei proprietari che possono sempre verificare la contabilità (anche nominando un revisore).

Quanto detto in precedenza deve essere anche coordinato con il conto corrente del condominio, sul quale devono transitare tutte le entrate e le uscite, che, di fatto, diventa un elemento per confrontare i dati presenti nel rendiconto o della gestione contabile del condominio, è opportuno ricordare che i proprietari possono anche ottenere copia dei documenti relativi alle operazioni sul conto corrente.

Modalità per la redazione del rendiconto

La riforma ha confermato i principi generali di contabilità in precedenza evidenziati.

Un primo principio è quello secondo il quale il rendiconto deve essere reale e deve rappresentare la situazione reale del condominio, intendendosi, con questa espressione, non solo il divieto di inserire nel rendiconto dati falsi, ma anche il divieto di inserire nel rendiconto dati ”putativi” o “immaginari” o situazioni non realmente effettuate. Ad esempio per individuare il passivo del condominio occorre mettere a confronto due dati le entrate del condominio e le uscite del condominio e, certo, non è possibile, invece, confrontare le uscite del condominio presenti nel rendiconto con le uscite previste nel preventivo.

Altro principio basilare è quello di redigere un rendiconto con un metodo che faciliti il controllo dei dati presenti in questo documento.

Il problema, semmai, è individuare il metodo o il criterio più corretto per raggiungere tali obiettivi. Il sistema che permette di raggiungere tutti questi obbiettivi è il c.d. principio di cassa, ossia le spese effettivamente sostenute e le entrate effettivamente riscosse (Cass. civ. sez. III, 9 maggio 2011 n. 10153).

La redazione del rendiconto secondo il principio di cassa

Per semplificare il discorso e rendere più familiare la spiegazione è possibile ricorrere ad un elemento più comune il c.d. conto corrente bancario ed è possibile analizzare il tipo di operazioni che compie la banca (alias condominio).

La banca segna (cronologicamente) un’operazione, in entrata o in uscita, solo quando la somma è effettivamente versata sul conto o solo quando la somma è effettivamente prelevata dal conto, la banca alla fine di un dato periodo tira una somma e indica il totale saldo (a debito o a credito). Il risultato così ottenuto può essere dichiarato come corrispondete alla situazione reale.

Se, invece, la banca indicasse in entrata somme che nessuno ha mai versato o se indicasse in uscita somme che nessuno ha mai prelevato, nel momento in cui venisse presentato il c.d. “estratto conto” (il “rendiconto”), la banca rappresenterebbe una situazione che può essere tranquillamente definita come non corrispondete alla realtà (con tutte le conseguenze derivanti da questa affermazione).

Anche per la redazione del rendiconto del condominio deve essere applicata questa semplice regola, cioè nel rendiconto vanno indicate solo le spese effettivamente sostenute e solo le somme effettivamente riscosse.

Infatti, se il rendiconto del condominio non venisse redatto in base al principio di cassa e, quindi, di conseguenza, se nel rendiconto venissero indicate spese non realmente pagate ed entrare non realmente riscosse, il saldo del rendiconto in generale (cioè la posizione complessiva del Condominio verso i terzi) e il saldo per ogni singolo proprietario (c.d. conguaglio) non corrisponderebbe alla situazione reale.

Quindi, la mancata applicazione del principio di cassa darebbe vita ad un rendiconto non conforme alla situazione reale, cioè ad un rendiconto – quanto meno – putativo o virtuale.

Questo spiega perché il legislatore con la riforma ha previsto che il rendiconto (come documento) è formato da un registro cronologico di contabilità (che tornado all’esempio del conto corrente bancario può essere assimilato all’estratto conto bancario) nel quale vanno annotate entro 30 giorni dalla loro effettuazione tutte le operazioni in entrata e in uscita (la verifica del rendiconto – registro di contabilità – è possibile oltre che sulla base dei c.d. giustificativi di spesa anche in base al conto corrente condominiale sul quale devono transitare tutte le somme in entrata o in uscita).

Ulteriori motivi che spingono all’applicazione del principio di cassa

1) il rendiconto è anche il documento che descrive l’attività dell’amministratore (mandatario dei proprietari) e, certo, nella redazione del rendiconto l’amministratore non può indicare attività non effettivamente eseguite, cioè non può far credere che ha fatto qualcosa (compiuto attività di gestione), quando, in realtà non ha fatto nulla (non ha compiuto attività di gestione), poichè, altrimenti, farebbe credere ai proprietari (che devono rinnovargli l’incarico), che ha eseguito ed ha adempiuto al suo incarico, mentre, in realtà, non ha eseguito e non ha adempiuto al suo incarico professionale.

2) inserire nel rendiconto spese mai effettivamente pagate (o rappresentare come pagate spese in realtà non pagate) potrebbe anche essere un mezzo per coprire lo “spostamento” di fondi del condominio, i quali potrebbero essere usati nell’ambito del meccanismo della c.d. “cassa comune tra più condomini”, (cioè lo stesso amministratore di più condomini, usa i soldi del condominio A per pagare le spese del condominio B poi usa le somme del condominio C per pagare le spese del condominio D ecc…) si tratta di un fenomeno talmente diffuso (ma poco pubblicizzato) che il legislatore ha previsto la revoca giudiziale dell’amministratore se si dovesse verificare una tale eventualità (ex art. 1129 n. 3 c.c.), oppure potrebbe servire a chiedere il pagamento di conguagli in realtà non dovuti; così come, inserire entrate mai effettivamente riscosse, potrebbe servire a nascondere la reale situazione debitoria del condominio.

E se ci sono spese non pagate? (debiti)

Per contestare quanto detto, di solito, si afferma che se nel rendiconto si inseriscono solo le spese effettivamente pagate e non si inseriscono le spese non effettivamente pagate, (es. fattura di lavori deliberati ed eseguiti, ma non pagati per mancanza di liquidità), non c’è (o non ci sarebbe) la possibilità recuperare le somme ancora da pagare (o quanto dovuto dai proprietari).

A questo rilievo si può facilmente replicare che si confondono due piani differenti, infatti, si confonde il piano del rendiconto (e della sua “conformità” alla situazione reale) con il recupero delle risorse necessarie e dei mezzi a disposizione dell’amministratore per coprire le spese.

Ora, (sorvolando sull’importanza di un preventivo di spesa “congruo”) è possibile recuperare le somme per coprire le spese in due modi:

a) usando i decreti ingiuntivi per colpire i morosi (la riforma del condominio ha imposto all’amministratore l’obbligo di recuperare le morosità);

b) programmando la costituzione di fondi cassa per poter far fronte ai ritardi o alle difficoltà di pagamento dei singoli proprietari e la riforma del condominio oltre ad ammettere la possibilità di creare fondi o riserve, prevede che in caso di lavori straordinari deve essere previsto un fondo specifico (1134 c.c. n. 4).

Principio di cassa o no ?

Per contestare l’applicabilità del principio di cassa al rendiconto condominiale (oggi registro contabilità) si sostiene che se si applicasse il principio di cassa non sarebbe possibile ripartire le spese condominiali tra vecchio e nuovo proprietario.

A questa obiezione si può facilmente replicare osservando che

1) l’amministratore di condominio ha rapporti solo con i proprietari delle unità immobiliari site nel condominio e non ha rapporti con coloro che hanno perso la qualifica di proprietario, (la solidarietà nel debito per gli oneri condominiali verso il condominio è una norma eccezionale a vantaggio del condominio che non modifica questo principio);

2) non spetta all’amministratore ripartire le spese tra vecchio e nuovo proprietario, in quanto si tratta di una vicenda lasciata alla libera contrattazione del venditore e dell’acquirente (infatti, le parti contrattuali possono decidere che tutti gli oneri condominiali saranno a carico dell’acquirente oppure possono decidere di ripartirsi le spese in base al numero pari o dispari delle fatture di pagamento);

3) tra le tante teorie elaborate per individuare un criterio di ripartizione delle spese tra vecchio e nuovo proprietario (principio che non influenza il metodo di redazione del rendiconto del condominio, trattandosi di una mera ripartizione interna, tra due soggetti che si succedono nel tempo, priva di rilevanza verso il condominio) la giurisprudenza ha individuato come criterio base quello relativo alla distinzione tra spese di ordinaria amministrazione e spese di straordinaria amministrazione.

Cosa prevede la legge di riforma in ordine alla redazione del rendiconto ?

Anche la riforma del condominio spinge verso l’applicazione del principio di cassa, infatti, secondo la riforma il rendiconto è formato dal registro di contabilità, in cui sono annotati in ordine cronologico, entro trenta giorni da quello dell’effettuazione, i singoli movimenti in entrata ed in uscita (art. 1130 comma 8 c.c.);

Altro elemento che spinge ad usare il principio di cassa è stato fornito dallo stesso legislatore della riforma condominiale, quando ha previsto che nel registro di contabilità le operazioni devono essere annotate entro 30 giorni dalla loro effettuazione (1130 comma 8 c.c.) . È evidente che il legislatore con la locuzione effettuazione fa riferimento al pagamento o alla riscossione e non ad altri eventi (es. ricezione della fattura).

Del resto, annotare nel registro di contabilità un’operazione non effettivamente eseguita (es. una fattura ricevuta e non pagata) significa, poi, doverla inserire, di nuovo, nel registro di contabilità nel momento in cui tale fattura viene pagata onde rispettare l’obbligo imposto dal codice che impone l’annotazione dell’operazione entro 30 giorni dell’effettuazione della stessa (art. 1130 comma 8 c.c. “Nel registro di contabilita’ sono annotati in ordine cronologico, entro trenta giorni da quello dell’effettuazione, i singoli movimenti in entrata ed in uscita”).

Di conseguenza, se si seguisse tale strada dovremo inserire nel registro di contabilità la stessa operazione due volte, con la possibilità che il piano di riparto (basato sul registro di contabilità) possa ripartire la stessa spesa tra i proprietari due volte.

Si possono inserire spese non pagate  nel rendiconto ?

Inoltre, inserire un’operazione non realmente effettuata nel registro di contabilità (1130 comma 8 c.c.) , significherebbe avere uno “scostamento” tra il registro di contabilità e il conto corrente condominiale (sul quale devono transitare tutte le operazioni in entrate e in uscita), quando, invece, il legislatore con la riforma ha previsto che il conto corrente del condominio è il primo mezzo per poter verificare (e ricostruire) la contabilità dell’edificio, in altri termini, significa porre le basi per impedire il controllo della contabilità e della gestione e significa impedire di ricostruire la gestione contabile.

Infine, è opportuno ricordare che il registro di contabilità deve trovare un preciso riscontro nel conto corrente condominiale (oltre che sui documenti contabili) sul quale l’amministratore è obbligato a far transitare le somme ricevute o erogate ed è inutile nascondere che entrambi i documenti sono redatti con il principio di cassa, poiché usare diversi metodi di redazione per il rendiconto e per il conto corrente impedirebbe il controllo “incrociato” previsto dal legislatore ed impedirebbe la ricostruzione contabile della gestione del condominio. E, dunque, sarebbe illecita una gestione contabile condominiale che impedisse l’incrocio dei dati tra conto corrente e registro contabilità o che è – ab origine – impostata per impedire (o rendere difficoltosa) la ricostruzione della gestione contrabile del condominio.

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Seguendo alla lettera il disposto del legislatore non dovrebbero esserci problemi a redigere il rendiconto del condominio, neppure quando si costituiscono fondi (es. fondo cassa e fondo tfr) o riserve, infatti, si tratta di operazioni contabili ammesse dallo stesso legislatore, anche se non totalmente compatibili con il principio di cassa, poiché non sono “realmente effettuate”, (1130 comma 8 c.c.) ma possono anche consistere in mere operazioni contabili prive di reali uscite ed entrate. In realtà, anche non volendo considerare tali voci come eccezioni (ammesse dallo stesso legislatore) e, quindi, inseribili nel registro di contabilità, nulla esclude che possono trovare spazio in un’ulteriore sezione del medesimo registro o in un ulteriore documento.

Diversa è, invece, la questione relativa alle fatture non pagate per le quali occorre fornire una “informazione” ai proprietari, è ovvio che fornire una “informazione” è una cosa molto diversa dall’inserzione della fattura non pagata nel registro di contabilità (le fatture non pagate non possono essere inserite nel registro di contabilità).

In ogni modo, si tratta di casi marginali, perché con la presenza di fondi cassa, con il preventivo reale, sarà sempre più difficile vedere fatture non pagate entro il 31 dicembre di ogni anno.

Classificazione del rendiconto

L’art. 1130 bis c.c. stabilisce che il rendiconto è formato dal

a) registro di contabilità
b) dal riepilogo finanziario
c) da nota esplicativa sintetica della gestione (anche con l’indicazione dei rapporti in corso e delle questioni pendenti)

Questi sono i documenti che “compongono” il rendiconto del condominio. E’ evidente che si tratta di un unico documento complesso (in quanto formato da più elementi).

Sottoscrizione e firma del rendiconto

Tutti questi documenti devono essere firmati dall’amministratore p.t., non è possibile, in altri termini, presentare documenti non sottoscritti in assemblea: sia per evitare che domani una delle pagine possa essere “sostituita”, sia per responsabilizzare l’amministratore. L’amministratore con la firma si assume la responsabilità della veridicità dei datti da lui forniti (e della gestione del condominio), ma soprattutto, si assume la responsabilità della personale redazione del documento contabile che non può essere “subappalta” a soggetti terzi, in altri termini, se il rendiconto è redatto dal praticante di studio, sempre l’amministratore deve assumersi la responsabilità del documento, non può trasferire la propria responsabilità ad altri, (altrimenti, si potrebbe nominare amministratore il praticante dello studio che redige il rendiconto).

Registro di contabilità

Il registro di contabilità contiene le voci in entrata ed in uscita, indicate, spesa per spesa ed entrata per entrata, in ordine cronologico; si presume che tutte le spese e le entrate indicate nel registro di contabilità siano state “effettuate”, (posto che sussiste l’obbligo della registrazione contabile delle operazioni entro 30 giorni dalla loro effettuazione 1130 comma 8 c.c.). Il registro di contabilità si chiude il 31 dicembre di ogni anno, quindi, non può contenere attività (in entrata e in uscita) effettuata dopo il 31 dicembre.

Inoltre, è evidente lo stretto legame tra questo documento con il conto corrente condominiale (sul quale devono transitare tutte le entrate e le uscite) e questo anche per rendere effettiva la possibilità di controllo e verifica del rendiconto e della gestione ed eventuale ricostruzione della gestione condominiale.

La connessione tra questi due documenti comporta anche che devono essere redatti con modalità analoghe posto che, dovendo essere oggetto di riscontri incrociati, non possono essere redatti uno in un modo e l’altro in un altro, in quanto sarebbe impedito un facile “riscontro” o una facile “ricostruzione” della contabilità condominiale.

La “limitazione” del registro di contabilità alle voci di entrata e di uscita, comporta che occorre risolvere il problema dell’indicazione della tabella di ripartizione e della distinzione tra spese di ordinaria e straordinaria amministrazione. Ove non si ritenga di integrare il registro di contabilità inserendo per ogni voce di uscita l’indicazione della tabella di riferimento e dell’indicazione di spesa ordinaria e straordinaria, sarebbe opportuno predisporre un (ulteriore) documento (che si affianca al registro di contabilità) e riassuntivo del medesimo registro di contabilità, in cui le voci di uscita sono riassunte ed impostate per categorie di spesa (e non in modo cronologico) con indicazione delle tabelle di ripartizione e della spesa ordinaria e straordinaria.

Registro di contabilità e conguagli anni precedenti

Durante la redazione del registro di contabilità si pone anche un’altra domanda: è opportuno inserire nel registro di contabilità anche i pagamenti ricevuti e relativi a conguagli degli anni precedenti ? la risposta è sicuramente positiva, (del resto, il legislatore, non limita il registro di contabilità solo alle operazioni dell’anno), anzi, inserire nel registro di contabilità anche le entrate relative ai pagamenti dei conguagli degli anni pregressi aumenta la chiarezza del documento, aumenta la trasparenza dell’amministrazione e avvicina ancora di più il registro di contabilità al conto corrente. Questo accorgimento permette di tutelare meglio al posizione dell’amministratore, il quale dichiara tutto quello che ha incassato e tutela i proprietari che hanno un altro documento a propria disposizione per documentare il pagamento dei conguagli.

Ovviamente, vanno presi degli accorgimenti, infatti, vicino alla voce entrata oltre l’indicazione del nome di colui che ha versato e l’importo versato, va anche indicata la causale (es. conguaglio 2011), inoltre, è opportuno che la somma totale del registro di contabilità sia distinta in due voci separate e per la precisione: in entrate relative alla gestione corrente ed in entrate relative ai conguagli riscossi (ma riferibili agli anni precedenti rispetto quello del rendiconto che viene proposto all’assemblea per l’approvazione).

E’ una questione di opportunità valutare se distinguere il registro di contabilità in due sezioni (entrate ed uscite) ed aggiungere alle uscite altre sottosezioni (es. spese ordinarie e spese straordinarie) oppure alle entrate altre sottosezioni (es. ordinarie, straordinarie, conguagli anni pregressi), infatti, per aumentare la chiarezza del rendiconto possono essere inseriti ulteriori documenti.

Sul registro di contabilità deve essere costruito il piano di riparto.

Riepilogo Finanziario

L’altro documento che compone il rendiconto è il riepilogo finanziario, si tratta, appunto di un “riepilogo”, (la locuzione “riepilogo” deve essere sottolineata), si tratta di un documento molto vicino allo “stato patrimoniale”, in cui vanno indicati i fondi e le riserve e dove sono allocati. E anche tutte le altre informazioni (debiti e crediti verso terzi e verso i proprietari) che non possono essere inserite nel registro contabilità in quanto non effettuate, ma si ripete è solo un “riepilogo” nulla di più e nulla di diverso.

Nel riepilogo finanziario vanno indicate le voci Banca (somme presenti in banca al 31 dicembre)

Le voci relative ai fondi (es. TFR o fondo cassa) e dove sono allocate dette somme (dopo la riforma la voce “cassa in contanti” non è più ammessa e tutte le somme di denaro devono essere allocati sul conto corrente del condominio).

Il riepilogo finanziario non è la base per la redazione del piano di riparto.

Nota sintetica esplicativa

Ultimo documento è la relazione sintetica dell’amministratore che dovrebbe avere il fine di “spiegare” il rendiconto almeno per le parti non facilmente intellegibili.

Sul punto rileva la decisione del Tribunale di Genova, con la sentenza n. 2317 del 3 ottobre 2023, che ha annullato il rendiconto approvato senza nota sintetica esplicativa per violazione dell’art. 1130-bis c.c. La pronuncia si pone nel solco della pacifica giurisprudenza, che ritiene viziata il bilancio privo di relazione sintetica.

Secondo conforme giurisprudenza di legittimità e di merito, condivisa dal Tribunale di Genova, la mancanza di detta documentazione determina l’annullabilità della deliberazione di approvazione del rendiconto, in quanto i condòmini non risulterebbero informati sulla reale situazione patrimoniale del condominio in relazione a entrate, spese e fondi disponibili (ex plurimis, Cass., sent. n. 33038/2018, Trib. Torino, sent. n. 3528/2017).

E’ importante anche osservare che il giudice ligure rileva che la presenza di detta documentazione non emerge neppure dalla lettura dei verbali assembleari impugnati.

Sul punto vale la pena di richiamare un orientamento (Trib. Roma, 22 giugno 2022, n. 9989) a tenore del quale la nota sintetica esplicativa potrebbe non essere costituita da un documento allegato al fascicolo del rendiconto ma potrebbe risultare direttamente dalla relazione svolta in assemblea dall’amministratore.

Approvazione del rendiconto

È opportuno osservare che l’assemblea è libera di approvare (o meno) il rendiconto, così come è libera di nominare un nuovo amministratore in sostituzione di quello vecchio, senza aver approvato i rendiconti dell’amministratore uscente.

Anzi, è opportuno sottolineare che approvare il rendiconto significa anche ratificare l’operato dell’amministratore, con la conseguenza che, soprattutto in caso di gestioni “ballerine”, i singoli proprietari non potranno più contestare nulla all’amministratore.

Comitato di controllo e consultazione

Oltre a tutti i vincoli in precedenza indicati, l’art. 1130 bis prevede anche la nomina (facoltativa) di un comitato di proprietari con funzioni consultive e di controllo dell’operato dell’amministratore, infatti, l’art. 1130 bis c.c. prevede che “l‘assemblea può anche nominare, oltre all’amministratore, un consiglio di condominio composto da almeno tre condomini negli edifici di almeno dodici unità immobiliari. Il consiglio ha funzioni consultive e di controllo”. Dal tenore dell’articolo si potrebbe ipotizzare un cambiamento o una elezione dei membri a ogni nomina e revoca dell’amministratore.

Revisore contabile condominiale

Il revisore condominiale (anche non proprietario) è una figura differente dal comitato di controllo formato (solo) dai proprietari.

Il codice prevede, al fine di rafforzare ulteriormente i controlli dei proprietari sulla gestione contabile dell’amministratore mediante, la nomina (facoltativa) di un revisore della gestione condominiale. Sempre l’art. 1130 bis c.c. prevede che “l’assemblea condominiale può, in qualsiasi momento o per più annualità specificamente identificate, nominare un revisore che verifichi la contabilità del condominio. La deliberazione è assunta con la maggioranza prevista per la nomina dell’amministratore e la relativa spesa è ripartita fra tutti i condomini sulla base dei millesimi di proprietà”.

Si tratta di una disposizione molto interessante perché il revisore può intervenire sul rendiconto non (ancora) approvato, ma anche sui rendiconti precedenti approvati, tale norma, quindi, permette di rimettere in discussione i rendiconti anche dopo la loro approvazione senza limiti di tempo (salvo, forse, i 10 anni entro cui devono essere conservati i documenti contabili).

Inoltre, il revisore non deve essere, per forza, un revisore contabile, ma è sufficiente un professionista che conosca il condominio e la gestione contabile del medesimo istituto.

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Questo contributo è stato scritto dal dott. Gianni Salvati, titolare dello studio. Ha conseguito laurea in giurisprudenza ed ha esercitato la pratica forense prevista per legge. E' abilitato alla mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali ex d.lgs. 28/2010. Ed ha conseguito il Master per revisori per la contabilità condominiale. Esercita l'attività di amministratore di condominio sul territorio di Pomezia dal 1995.

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